La riabilitazione cognitiva è un intervento che mira al massimo recupero delle funzioni cognitive danneggiate (approccio restitutivo) o all’insegnamento di strategie per aggirare i deficit cognitivi (approccio compensatorio) con il fine ultimo di acquisire la maggior autonomia possibile, incrementare la funzionalità residua e favorire il rientro in società.
Attenzione alla terminologia!
Quando si parla di riabilitazione cognitiva si fa riferimento ad interventi rivolti ad uno specifico target di persone. Si tratta di tutti coloro che hanno subito un danno cerebrale in seguito a diverse cause (trauma cranico, ictus, tumore cerebrale ecc.). Per le persone con patologie neurodegenerative (es. demenza, parkinsonismi, corea ecc.) è più opportuno parlare di stimolazione cognitiva. Un altro termine che può generare confusione è: potenziamento cognitivo (o training cognitivo). Questo viene usato in riferimento a interventi verso persone sane che vogliono incrementare le loro funzioni cognitive.
Tutti questi interventi sono però accomunati da un fattore indispensabile per la loro buona riuscita: la motivazione e la collaborazione del paziente. Gli effetti si vedono infatti a medio-lungo termine, è importante quindi non interrompere il percorso.
In cosa consiste la riabilitazione cognitiva?
Dopo un’accurata valutazione neuropsicologica, che ci permette di capire quali sono le funzioni cognitive più compromesse e quelle invece preservate, lo psicologo può proporre un intervento riabilitativo.
Questo consiste in un insieme di attività variegate e personalizzate (carta e penna, manuali, al computer ecc.) per rendere un individuo cerebroleso di nuovo abile a svolgere determinate attività (RI – ABILITARE).
Alla fine del percorso riabilitativo, è prevista una rivalutazione delle funzioni cognitive del paziente per verificare l’effettivo apporto dato dalla riabilitazione. In questo modo è possibile confrontare le prestazioni ai test prima e dopo l’intervento con lo psicologo.
Un concetto fondamentale: la plasticità cerebrale
Un concetto basilare nella pratica riabilitativa è quello di “plasticità cerebrale“, ovvero la peculiare capacità del nostro cervello di riorganizzarsi attraverso processi di apprendimento.
Attraverso un percorso fatto di esercizi mirati, quindi, è possibile aiutare un cervello danneggiato a ristrutturare i suoi collegamenti sinaptici. Spesso le zone colpite possono essere salvate solo parzialmente, mentre altre volte sono irrecuperabili. La riabilitazione aiuta proprio a “mettere nuove radici”, ossia creare nuove connessioni che permetteranno di compensare quelle compromesse.
In questo modo, è possibile che un’area non primariamente adibita ad una determinata funzione cognitiva, possa adeguarsi a coprire il ruolo dell’area danneggiata, così da compensarne la perdita completa o parziale.