Nell’ultimo articolo abbiamo introdotto il concetto di personalità, la quale abbiamo visto essere composta da diversi tratti e costituire, quindi, la base del nostro funzionamento. Può accadere, però, che alcuni tratti divengano estremamente rigidi, inflessibili e poco modulabili in base al contesto, tanto da diventare un problema nella vita quotidiana. È così che compaiono i cosiddetti disturbi di personalità.


Una panoramica sui disturbi di personalità

Cause ed origini

I disturbi di personalità possono essere di natura neurologica, ossia conseguenti ad un danno concreto ai tessuti cerebrali, oppure di natura psichiatrica, ossia dovuti ad una commistione di fattori genetici e ambientali.

I primi esordiscono come sintomo di una lesione cerebrale che ha intaccato le zone frontali. I secondi invece esordiscono, di solito, già in adolescenza o nella prima età adulta per un particolare cocktail di fattori.

Come abbiamo già visto nello scorso articolo, i tratti di personalità sono dei particolari modi di comportarsi, di percepire, di rapportarsi con gli altri, di pensare nei confronti dell’ambiente e di sé stessi che persistono nel tempo. Ogni persona possiede una costellazione di tratti (ossia, una personalità). Questa si sviluppa partendo da una base genetica e può, poi, variare a seconda delle esperienze fatte durante il periodo dello sviluppo in infanzia. Ma se ognuno ha una personalità diversa, su che base possiamo distinguerne una sana da una disturbata?

Criteri di classificazione

Una personalità per essere definita propriamente come disturbata deve incontrare determinate caratteristiche. La prima consiste nel fatto che un individuo deve comportarsi, pensare e sentire emozioni in modalità molto distanti rispetto alle aspettative della propria cultura di riferimento. In altre parole, ci devono essere delle modalità di funzionamento che deviano parecchio dalla propria cultura. Questi tratti di personalità dissonanti si devono manifestare in almeno 2 aree tra le seguenti:

  • Cognitività: modi pensare e percepire sé stessi, gli altri e gli eventi circostanti;
  • Affettività: modalità di reagire emotivamente agli eventi;
  • Funzionamento interpersonale: modalità di interagire e relazionarsi con gli altri;
  • Controllo degli impulsi: modalità di gestione degli istinti e delle pulsioni.

La seconda caratteristica da soddisfare prevede che questi tratti siano inflessibili e molto rigidi in molte situazioni personali e sociali. Questo deve determinare, poi, un forte disagio o una compromissione del funzionamento in ambito sociale, lavorativo o personale dell’individuo.

In altre parole, chi ha una personalità sana riesce a rispondere in modo adeguato alla grande varietà di problemi che si possono presentare nella vita, reagendo in modo flessibile e modulando il proprio comportamento in base alle caratteristiche della situazione. Chi, invece, ha una personalità disturbata reagisce sempre con le stesse modalità di comportamento, ha degli schemi molto rigidi e non riesce a percepire la varietà dei problemi, modulando di conseguenza la sua risposta.

Un esempio di personalità disturbata

Se il cassiere di un supermercato si trova sotto pressione e sbaglia a darvi il resto, la prima cosa che vi viene da fare è farglielo notare con le buone maniere, comprendendo la sua posizione di stress. In fondo sono cose che possono succedere, dal momento che siamo umani!

Un soggetto con personalità disturbata (es. disturbo paranoide di personalità) non riesce ad associare “momento di stress = aumento della possibilità di sbagliare” e interpreterà l’errore del cassiere come un’azione fatta appositamente per ingannarlo e rubargli soldi.

Capirete che questa eccessiva sospettosità nei confronti delle persone, può diventare un grosso problema nella quotidianità dal momento che si estende indistintamente anche ai familiari e conoscenti. Inoltre, questa modalità di interpretazione delle varie situazioni viene applicata in ogni contesto, senza differenziare le circostanze in cui alcuni eventi accadono.

Proprio perché il periodo dell’infanzia/adolescenza sono determinanti nello sviluppo della personalità, un suo disturbo può essere diagnosticato solo quando questa è già delineata. Ciò significa che la diagnosi di disturbo di personalità può essere fatta solo dopo i 18 anni (salvo eccezioni che devono essere valutate attentamente dal terapeuta).


I disturbi di personalità di natura psichiatrica

Il DSM-5 (Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi mentali) racchiude i disturbi di personalità di natura psichiatrica all’interno di 3 gruppi:

Gruppo AGruppo BGruppo C
Disturbo paranoideDisturbo antisocialeDisturbo evitante
Disturbo schizoideDisturbo borderlineDisturbo dipendente
Disturbo schizotipicoDisturbo istrionicoDisturbo ossessivo-compulsivo
Disturbo narcisistico

Gli individui con i disturbi appartenenti al gruppo A sono accomunati da personalità che appaiono strane o comunque eccentriche, quelli appartenenti al gruppo B sono accomunati da personalità che appaiono esagerate, emotive o imprevedibili, mentre quelli appartenenti al gruppo C sono accomunati da personalità che appaiono ansiose o timorose.

Disturbi del gruppo A

Nello specifico, possiamo definire il disturbo paranoide come un disturbo di personalità caratterizzato da un’eccessiva diffidenza e sospettosità nei confronti delle persone, tanto da interpretare ogni comportamento altrui come malevolo.

Il disturbo schizoide, invece, è caratterizzato da un distacco nelle relazioni sociali, dimostrando poco piacere nello stare con gli altri (anche di far parte di una famiglia), oltre che da un appiattimento emotivo.

Infine, il disturbo schizotipico comporta deficit sociali caratterizzati da disagio nelle relazioni affettive (si sentono diversi, provano ansia in contesti sociali e sono incapaci di inserirsi), da distorsioni cognitive (es. credere nella magia, nella superstizione, nel paranormale ecc.) e da un comportamento eccentrico (es. abbigliamento trasandato, comportamenti insoliti e stravaganti).

Disturbi del gruppo B

In questo gruppo abbiamo il disturbo antisociale che è caratterizzato da un’inosservanza e violazione dei diritti altrui (es. incapacità di conformarsi alle regole, disonestà e mancanza di rimorso), impulsività, irritabilità e aggressività, noncuranza della sicurezza propria e altrui, irresponsabilità.

Troviamo anche il disturbo borderline, caratterizzato da instabilità nelle relazioni (passano dall’idealizzare le persone ai primi appuntamenti per poi svalutarle successivamente se sentono che non si occupano di loro), timore dell’ abbandono e intolleranza a restare soli, oscillazioni di pensiero (cambiano velocemente opinioni, valori, aspirazioni) e di umore, impulsività (es. abbuffate, spese sconsiderate, abuso di sostanze ecc.).

Il disturbo istrionico, invece, è caratterizzato da un’emotività eccessiva, teatralità e una forte ricerca d’attenzioni usando costantemente l’aspetto fisico (impiegano un’eccessiva quantità di tempo e denaro per abiti e cure personali).

Infine, il disturbo narcisistico consiste in un forte senso di grandiosità, arroganza e presunzione e necessità di ammirazione. Gli individui, spesso, approfittano degli altri, mancano di empatia, credono di essere speciali e sono totalmente assorbiti da fantasie di successo, potere, fascino ecc.

Disturbi del gruppo C

Nell’ultimo gruppo troviamo il disturbo evitante, caratterizzato da una riluttanza ad entrare in relazione con delle persone sconosciute per timore di un giudizio negativo, paura della disapprovazione o della critica, sentimenti di inadeguatezza.

Abbiamo poi il disturbo dipendente che consiste in una necessità eccessiva di essere accuditi e determina un comportamento sottomesso con annesso un forte timore di separazione.

Infine, abbiamo il disturbo di personalità ossessivo-compulsivo, caratterizzato da un’eccessiva preoccupazione per l’ordine, il perfezionismo e il controllo, a discapito dell’efficienza e del tempo libero.


I disturbi di personalità di natura neurologica

Il caso di Phineas Gage

Per quanto riguarda i disturbi di personalità di natura neurologica, troviamo testimonianze della loro conoscenza a partire dalla metà dell”800. Il 13 settembre 1848 il dott. Harlow assistette alle conseguenze davvero singolari di un incidente. Il paziente in questione era Phineas Gage, capocantiere nella costruzione di una ferrovia. Gage era riconosciuto da tutti come un uomo capace, con una personalità equilibrata e un grande fiuto per gli affari.

Quel giorno Gage stava posizionando una carica esplosiva sul fondo di un pozzo trivellato utilizzando una spranga. Probabilmente, l’urto della spranga su una roccia provocò una scintilla che fece esplodere accidentalmente la carica. La spranga a quel punto fu sparata fuori dal pozzo, conficcandosi nella guancia sinistra del malcapitato, trapassandogli il cranio per poi uscire sopra la testa. In pratica, la maggior parte dei suoi lobi frontali furono distrutti. Miracolosamente Gage non morì, anzi, il dott. Harlow riuscì a curarlo e lentamente il paziente si riprese.

Lesione di Phineas Gage (1848)

Inizialmente, sembrava tutto tornato come prima: camminava, parlava e aveva una buona consapevolezza. Poi, però, ci si accorse che qualcosa non andava in lui…secondo i conoscenti “non era più Gage”. Era diventato incostante, irriverente, aveva iniziato a bestemmiare, aveva poco rispetto per i compagni, era impaziente, ostinato e non riusciva più a pianificare nulla.

La corteccia orbitofrontale

Nell’articolo in cui abbiamo illustrato la sindrome disesecutiva, abbiamo detto che questa consegue ad un danno alla corteccia dorsolaterale. Abbiamo visto che i pazienti che la sviluppavano avevano grosse difficoltà a livello di impulsività (controllo inibitorio), memoria di lavoro, flessibilità cognitiva e pianificazione.

Un danno alla corteccia prefrontale può, però, riguardare anche la sezione orbitofrontale ed è proprio questo il caso del signor Phineas Gage. Questa corteccia ha un ruolo importantissimo perché regola i livelli di gratificazione che ognuno di noi attribuisce agli stimoli esterni.

Corteccia prefrontale in vista laterale

Facciamo un esempio…

Questa regione corticale potrebbe attivarsi quando mangiamo una caramella alla fragola, perché il gusto ci soddisfa e ci rende felici.

Se mangiassimo 30 caramelle alla fragola, è possibile che quest’area smetta di attivarsi, riducendo così il senso di soddisfazione nel mangiare caramelle alla fragola. Grazie alla diminuzione del livello di ricompensa/gratificazione e l’aumento di un un’emozione spiacevole legata alla nausea, il cervello ci fa smettere di mangiare caramelle alla fragola (o addirittura tutti i cibi dolci).

Questo è un esempio collegato al senso del gusto, ma in generale la corteccia orbitofrontale assegna un valore di ricompensa/gratificazione ad ogni stimolo sensoriale (visivo, olfattivo, gustativo, tattile). Inoltre, questo valore può variare rapidamente in base alle circostanze. Infatti, come abbiamo appena visto, se mangio tante caramelle alla fragola, il valore di gratificazione diminuisce. Questo ci fa capire quanto questo meccanismo sia collegato all’assuefazione e alla sazietà, più che alle caratteristiche sensoriali di un gusto, di un odore ecc.

Come avrete capito, la corteccia orbitofrontale ha importanti connessioni con i centri emotivi. Questo suo ruolo nell’attribuire valori di ricompensa e nel modularli in base al contesto, quindi, ci permette anche di inibire comportamenti inadeguati alle situazioni.

Un ulteriore esempio…

Aiutare un amico bisognoso potrebbe avere, per noi, un alto valore di ricompensa, per cui saremo più portati a fare qualcosa per lui.

Una persona con lesione orbitofrontale potrebbe, invece, ridergli in faccia per la sua condizione. Questo ci fa capire quanto una lesione in questa regione possa portare ad una minore empatia verso gli altri, indifferenza verso le punizioni (es. la perdita di questo amico) e una minor sensibilità nei confronti dei propri valori di ricompensa (es. non sviluppa più un senso di gratificazione per le buone azioni compiute).

Quest’area corticale è fondamentale, poi, nella presa di decisioni. Infatti, si attiva quando le persone devono operare delle scelte “a sentimento”, basate sul valore della ricompensa (ossia, l’importanza che le attribuiamo, le aspettative che abbiamo su di essa e l’utilità che ha per noi). Se un’amico ci propone di uscire, chiedendoci una preferenza tra la visione di un film al cinema e una passeggiata in centro città, ecco che la corteccia orbitofrontale viene in nostro aiuto mettendo sulla bilancia i due valori di ricompensa che attribuiamo alle due opzioni.

In conclusione, ci è ormai chiaro che la corteccia orbitofrontale è la stazione di controllo per quanto riguarda la regolazione della maggior parte dei comportamenti sociali di un individuo e ci permette di prendere delle decisioni soppesando i valori di ricompensa.

Danni alla corteccia orbitofrontale

Un danno alla corteccia orbitofrontale comporta una sindrome frontale di tipo disinibito. Le persone che la sviluppano, come il signor Gage, manifestano un cambiamento di personalità, mettendo in atto risposte sociali inappropriate al contesto (eccessiva giocosità, perdita di tatto, riduzione delle “buone maniere”, invadenza, cleptomania, ipersessualità ecc.), impulsività e comportamenti ripetitivi.

Proprio perché questa regione è collegata con i centri emotivi, una sua lesione non ci permetterà di tradurre gli esiti negativi dei nostri comportamenti in risposte emotive spiacevoli (e quelli positivi in risposte emotive piacevoli). Ad esempio, il funzionamento di una persona sana in un gioco prevede, innanzitutto, la scelta di una strategia. Se quest’ultima porta la persona a perdere il gioco, l’esito sfavorevole la porterà a provare un’emozione spiacevole per non aver vinto.

Dunque, la risposta emotiva è un’importante fonte di informazione che ci guida nei processi decisionali. Infatti, la prossima volta che mi trovo nella stessa situazione non applicherò più quella strategia, memore dell’emozione spiacevole provata la volta precedente. I soggetti con lesioni orbitofrontali, invece, continuano a commettere errori e perseverare con le stesse strategie fallimentari, proprio perché mancano di una risposta emozionale in seguito alle loro azioni.


Conclusioni

In questo articolo abbiamo parlato dei disturbi di personalità, partendo dalla loro distinzione in disturbi di natura psichiatrica e neurologica. I primi esordiscono a partire dall’adolescenza o prima età adulta e sono causati da una miscela di fattori genetici e ambientali, i secondi si manifestano in seguito ad una lesione alla corteccia prefrontale orbitofrontale, come abbiamo visto nel caso di Phineas Gage.

I disturbi di natura psichiatrica, poi, possono essere suddivisi in 3 gruppi (A,B,C) ma, in generale, sono accomunati da un funzionamento che devia parecchio dalla propria cultura di riferimento e da modalità di pensiero, percezione e comportamento molto rigide ed inflessibili.

I disturbi di natura neurologica, invece, hanno come principale caratteristica la disinibizione. Le persone non riescono più a regolare le proprie azioni in base al contesto sociale, mettendo in atto così dei comportamenti inadeguati. Inoltre, non riescono ad apprendere dagli sbagli, proprio a causa della mancanza di risposte emotive in seguito alle proprie azioni. In questo modo, continuano a mettere in atto sempre le stesse strategie anche se magari si erano rivelate fallimentari.


Un piccolo ripasso divertente!

Categorie: Personalità

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