Se nello scorso articolo abbiamo definito cos’è un processo mnestico, in questo andremo a vedere nello specifico i vari disturbi della memoria. Questi hanno acquisito crescente interesse proprio per la loro associazione alla malattia di Alzheimer. In realtà, però, non sono solo collegati ad essa perché esistono molte altre patologie in grado di provocare disturbi della memoria.

Inoltre, è opportuno sottolineare che l’invecchiamento, sebbene porti con sé un peggioramento delle abilità di memoria, non causa inevitabilmente un disturbo di memoria. In altre parole, non porta necessariamente a prestazioni di memoria patologiche.



Classificazione dei disturbi della memoria

I disturbi della memoria possono essere distinti in:

  • Disturbi selettivi della memoria a breve termine: difficoltà nel trattenere un insieme di informazioni per un breve lasso di tempo, in assenza di disturbi di memoria a lungo termine. Se a questi pazienti, ad esempio, viene letta una lista di parole e viene chiesto loro di ripeterla (prova di span), non saranno in grado di dire più di uno o due termini. Inoltre, tenderanno a ripetere gli ultimi che hanno sentito.
  • Amnesie: disturbi della memoria a lungo termine che comportano deficit di apprendimento e/o di rievocazione. Le amnesie possiamo distinguerle sulla base dell’eziologia (causa del fenomeno) in: 
    • Funzionali = le persone riconoscono un peggioramento della memoria in seguito ad un evento traumatico, in assenza di una lesione strutturale del cervello.
    • Organiche = deficit, conseguenti ad un danno cerebrale, che possono riguardare la memoria:
      • Anterograda: difficoltà di apprendimento (fissazione ed acquisizione di nuove informazioni) in seguito ad un danno cerebrale.
      • Retrograda: difficoltà a rievocare informazioni immagazzinate nel periodo precedente al danno cerebrale. Può riguardare tutto ciò che è avvenuto prima dell’evento oppure un preciso e breve lasso di tempo precedente al danno (amnesia lacunare).
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Attenzione:

  • se il disturbo riguarda sia la memoria retrograda che anterograda, è definito come amnesia globale;
  • l’amnesia che va incontro ad un successivo ripristino della memoria è chiamata, invece, amnesia transitoria;
  • quando l’amnesia permarrà a vita viene definita amnesia stabile;
  • se l’amnesia peggiorerà nel tempo perché causata da malattia neurodegenerativa, allora viene etichettata come amnesia progressiva.
  • Paramnesie: falsificazione della memoria che avviene attraverso la distorsione del ricordo. Alcuni esempi sono: 
    • Allomnesie: trasformazioni del ricordo in base ai propri pensieri o al proprio stato affettivo.
    • Pseudoamnesie: illusioni di memoria come falsi riconoscimenti (déjà-vu, déjà-vécu) o falsi ricordi (confabulazione).
    • Criptomnesie: alterazione di memoria per cui un ricordo perde consapevolezza e riaffiora come se fosse una creazione personale. Ad esempio, scrivere una “nuova” canzone, senza accorgersi che in realtà era già stata composta.
    • Lapsus memoriae: temporanea amnesia dovuta ad un momento di confusione o vuoto che porta al riaffioramento di associazioni inconsce.
    • Letologia: temporanea incapacità di far affiorare un nome proprio o di un oggetto (fenomeno del “ce l’ho sulla punta della lingua”).

Lesioni che provocano disturbi della memoria

Se le paramnesie sono fenomeni che possono capitare anche nella quotidianità, maggior considerazione è da porre sui disturbi alla memoria a breve termine e sulle amnesie. Questi, infatti, sono generalmente sintomi più gravi e associati a qualche tipo di patologia o lesione cerebrale. Per quanto riguarda i primi, solitamente la lesione è localizzata nel lobo parietale sinistro, più complicato invece è il discorso sulle amnesie. Si possono distinguere, infatti, varie sindromi amnesiche (ossia disturbi cognitivi caratterizzati proprio da deficit di memoria a lungo termine evidenti) dovute a lesioni:

  • mediali dei lobi temporali
  • diencefaliche
  • fronto-basali

Sindromi amnesiche dovute a danni alle regioni mediali dei lobi temporali

Queste sindromi amnesiche sono conseguenza di un danno ai lobi temporali mediali, ossia i lati interni dei lobi temporali. Infatti, in queste zone si trova il cosiddetto circuito di Papez (parte integrante del sistema limbico) di cui fa parte l’ippocampo. 

Questa struttura ha un ruolo cruciale nell’apprendimento e quindi nella formazione di nuovi ricordi. Non dobbiamo quindi considerarla come la sede dei nostri ricordi passati, ma piuttosto come colei che ci permette di consolidare un ricordo e far sì che venga immagazzinato nella memoria a lungo termine. 

Danni all’ippocampo e alle zone a lui circostanti (le zone mediali dei lobi temporali) possono essere conseguenza di:

Ippocampo
  • interventi chirurgici in cui si asporta parte dei lobi temporali mediali, tra cui l’ippocampo;
  • lesioni vascolari come la rottura di aneurismi dell’arteria cerebrale posteriore, alla quale può conseguire un’emorragia nelle zone temporali mediali;
  • ischemie e ipossie cerebrali, in seguito ad arresto cardiaco, avvelenamento da monossido di carbonio o perdita di coscienza prolungata. Queste dovranno coinvolgere sempre la regione mediale dei lobi temporali;
  • infezioni cerebrali di origine virale come encefalite da Herpes Simplex o da HIV.

La storia di H.M

H.M. era un meccanico di 27 anni che soffriva di crisi epilettiche gravi. Per migliorare la sua situazione, il primo settembre 1953 si sottopose ad un’operazione al cervello che, nel suo caso, consisteva nella rimozione della parte mediale di entrambi i lobi temporali. Grazie all’operazione le crisi epilettiche erano nettamente migliorate, però si notò una grave perdita di memoria

A distanza di due anni, durante una valutazione neuropsicologica, è emerso che il paziente non era riuscito a creare nessun altro ricordo degli anni successivi all’operazione (amnesia anterograda). Inoltre, vi era una parziale amnesia retrograda che riguardava i tre anni precedenti all’intervento. 

In sintesi, la sua memoria arrivava fino al 1950: era stato rimosso ogni ricordo dei tre anni precedenti all’operazione (1950-1953) e il paziente non era stato in grado di formare nuovi ricordi in seguito ad essa (1953-1955). Tutto il resto però era rimasto intatto: personalità, intelligenza, percezione, logica e memoria per eventi fino al 1950.

Amnesie dovute a lesioni diencefaliche

Il diencefalo è una zona dell’encefalo posta tra gli emisferi cerebrali e il tronco encefalico e comprende strutture importantissime come il talamo, l’ipotalamo e la neuroipofisi (parte posteriore dell’ipofisi).

In generale, l’insieme di queste strutture elabora e smista le informazioni che intercorrono tra gli emisferi, il tronco encefalico e il midollo spinale, ma alcune di esse (in particolare il talamo) hanno un ruolo nel consolidamento dei ricordi. Infatti, lesioni talamiche hanno conseguenze simili a quelle nelle zone temporali di cui abbiamo parlato precedentemente.

Talamo

Danni alle strutture diencefaliche con conseguenti deficit della memoria possono essere instaurati in seguito a condizioni gravi di alcolismo o denutrizione. In queste situazioni, i pazienti possono sviluppare inizialmente la cosiddetta encefalopatia di Wernicke (una malattia caratterizzata da confusione, paralisi parziale dei muscoli che muovono gli occhi e perdita di equilibrio) per poi evolvere in una psicosi di Korsakoff.

Quest’ultima è una complicanza tardiva e cronica che si verifica nell’80% dei pazienti non trattati con encefalopatia di Wernicke e che porta a sviluppare un forte deficit della memoria sia anterograda che retrograda, confabulazioni e disorientamento. 

È importante sottolineare che questa psicosi può insorgere a prescindere da una precedente encefalopatia di Wernicke e può quindi svilupparsi anche in seguito a traumi cranici o ictus.

Deficit mnestici dovuti a lesioni fronto-basali

In questo caso la sindrome amnesica è dovuta, in particolare, a lesioni delle regioni fronto-basali del cervello. Una prima pista, che ha portato a dedurre la possibilità di sviluppare forme di amnesia in seguito a lesioni in queste regioni, è data proprio dalla malattia di Alzheimer. 

Alcune informazioni sulla malattia di Alzheimer

A livello macroscopico, la caratteristica principale di questa malattia è una progressiva atrofia cerebrale (diminuzione di volume e peso del cervello dovuta a perdita di neuroni e sinapsi). A livello microscopico, invece, le due caratteristiche primarie sono:

  • un accumulo extracellulare di beta-amiloide, una proteina derivante dal taglio di un suo grosso precursore chiamato APP  (Amyloid Precursor Protein). Questo si traduce nello sviluppo di placche senili tra un neurone e l’altro, ossia ammassi sferici anomali e insolubili composti da una parte centrale di beta-amiloide rivestita da detriti neuronali (es. frammenti di assoni).
  • grovigli neurofibrillari intracellulari: filamenti intrecciati composti da forme anomale e insolubili di proteina Tau depositati all’interno dei neuroni.

Placche senili e grovigli neurofibrillari si riscontrano inizialmente nelle cortecce associative, per poi intaccare altre zone come l’ippocampo, di cui conosciamo già l’importanza nei processi di consolidamento delle informazioni nella memoria a lungo termine.

cervello sano confrontato con uno con malattia di Alzheimer
Cervello sano vs. Cervello colpito da malattia di Alzheimer

In che modo la malattia di Alzheimer è associata a lesioni fronto-basali?

Abbiamo capito che, progressivamente, sia le aree corticali che sottocorticali vengono intaccate da questo processo patologico. Questo, inevitabilmente innesca anche un’alterazione a livello della secrezione di neurotrasmettitori.

Già intorno agli ‘70, diversi studi notarono proprio una relazione tra la malattia di Alzheimer e l’acetilcolina, quel neurotrasmettitore responsabile della trasmissione nervosa. Infatti, la sua produzione è fortemente ridotta nei malati di Alzheimer facendo intendere che ci fosse una vera e propria disfunzione del sistema colinergico, ossia quella parte del sistema nervoso composta da neuroni che secernono acetilcolina. In particolare, le zone più coinvolte comprendevano i nuclei del proencefalo basale come il nucleo basale di Meynert e i nuclei del setto, i cui neuroni sono piuttosto rarefatti nei pazienti con malattia di Alzheimer. 

Nuclei del setto e nucleo basale di Meynert
Collegamenti dei neuroni colinergici all’interno del nucleo basale di Meynert

È importante sottolineare che i neuroni colinergici di questi nuclei sono proprio collegati con l’ippocampo, inducendoci a pensare che i deficit di memoria nei malati di Alzheimer possa essere ricondotto a questa alterazione. 

Come ultima cosa e a conferma di quanto abbiamo detto, studi successivi hanno infatti dimostrato che lesioni a questo sistema di neuroni colinergici causava proprio un deficit di memoria.

Colgo l’occasione per sottolineare che questa scoperta non corrisponde all’aver trovato la causa della demenza di Alzheimer, ma sicuramente è un importante tassello che ci porta a pensare che questi nuclei fronto-basali abbiano un ruolo nei processi di consolidamento dei ricordi proprio come la regione diencefalica e quella dei lobi temporali mediali.


I disturbi della memoria: conclusioni

In questo articolo abbiamo compreso che i disturbi della memoria possono riguardare la memoria a breve termine o la memoria a lungo termine. Inoltre, possono essere disturbi patologici (es. amnesie) o semplicemente delle piccole defaillance quotidiane (paramnesie). 

Per quanto riguarda le sindromi amnesiche, sono state classificate in base a tre zone che possono essere differentemente colpite: le regioni mediali dei lobi temporali (contenenti l’ippocampo), alcune zone diencefaliche come il talamo e le zone fronto-basali colinergiche come il nucleo basale di Meynert e i nuclei del setto.

Le lesioni possono essere causate da diversi fattori: traumi cranici, fenomeni ischemici o ipossici, rottura di aneurismi, interventi chirurgici di asportazione, malattie neurodegenerative come la malattia di Alzheimer, infezioni virali come l’encefalite da Herpes Simplex, alcolismo o denutrizione ecc.


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Categorie: Memoria

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