Nello scorso articolo abbiamo concluso il capitolo “Sensazione e Percezione”. Oggi, quindi, vorrei parlarvi di un’importante funzione cognitiva che fornisce ausilio all’elaborazione delle informazioni sensoriali (ossia, alla percezione): l’attenzione. Infatti, i nostri sistemi percettivi hanno dei limiti di tempo e di spazio, ad esempio faticano ad elaborare due stimoli contemporaneamente.



Che ruolo ha l’attenzione nel processo percettivo?

Possiamo considerare l’attenzione come un filtro. Si tratta, infatti, di una funzione che regola l’attività dei processi percettivi filtrando e organizzando le informazioni provenienti dall’esterno. Questo ci permette, in un secondo momento, di dare una risposta adeguata al contesto. In altre parole, i nostri sistemi di elaborazione fanno uso dell’attenzione per operare delle “scelte” su quali informazioni sono da tenere e quali da scartare.


I tipi di attenzione

Il sistema percettivo non si avvale, però, dell’ausilio di un unico tipo di attenzione, bensì fa uso di diverse sue componenti che corrispondono a percorsi nervosi diversi lesionabili in modo indipendente l’uno dall’altro.

Queste diverse componenti sono l’attenzione:

  • SELETTIVA: abilità che permette di concentrarci solo su alcuni aspetti che riteniamo salienti, tralasciandone altri. In soldoni, si tratta di un tipo di attenzione che consente di focalizzarci su ciò che riteniamo importante in quel momento e di scartare tutto ciò che non ci interessa.
  • SOSTENUTA (vigilanza): abilità che ci permette di non distrarci e di mantenere, quindi, la concentrazione per tutta la durata di un compito o di una attività.
  • ALTERNATA: abilità che ci permette di spostare la concentrazione da una fonte d’informazione all’altra (o da un compito all’altro) senza che entrambe vengano compromesse. In altre parole, ci permette di non perdere il filo di due attività che si stanno portando avanti in modo alternato.
  • DIVISA: abilità che permette di concentrarci contemporaneamente su due fonti di informazione o due compiti diversi. Si differenzia dall’attenzione alternata, poiché le attività che si stanno svolgendo non vengono avvicendate ma portate avanti in parallelo.

In questo frangente, è doveroso citare anche il minimo comun denominatore di queste componenti attentive: l’AROUSAL (allerta). Quest’ultimo è definibile come “livello di attivazione dell’organismo”, ossia una prontezza fisiologica dell’organismo a rispondere a stimoli interni ed esterni. Esso si svolge su un “continuum” che passa dallo stato di attivazione più basso (il sonno) allo stato di attivazione più alto (iperattività).


Gli studi sull’attenzione

Sono stati diversi gli studi che hanno proposto dei modelli che tentano di spiegare come funziona l’attenzione. Essi si possono suddividere in studi che propongono una selezione precoce delle informazioni e studi che propongono invece una selezione tardiva.

La selezione precoce

La teoria di Broadbent

Tra le teorie che propongono una selezione precoce dell’informazione troviamo la cosiddetta “Teoria del filtro” di Broadbent (1958). Secondo lo studioso, ogni caratteristica elementare degli oggetti (es. orientamento, colore ecc.) verrebbe registrata dal nostro sistema sensoriale e verrebbe trattenuta per una frazione di secondo con lo scopo di essere analizzata. 

Tutte queste informazioni verrebbero, poi, fatte passare attraverso il filtro attentivo, che farebbe transitare solo quelle più rilevati, inviandole al sistema percettivo per una elaborazione più profonda. Le altre informazioni verrebbero, invece, trattenute in un magazzino a breve termine, in caso fosse necessario un loro reperimento immediatamente successivo. 

In un suo esperimento notò che, se le persone ascoltavano in simultanea coppie di lettere diverse per l’orecchio destro e sinistro, tendevano poi a riportare prima le lettere sentite in un orecchio e poi quelle sentite nell’altro, arrivando a restituirne correttamente il 65%. Se, però, si ripeteva l’esperimento chiedendo di riportare le lettere in alternanza (orecchio destro – orecchio sinistro – orecchio destro ecc.) e seguendo l’ordine di presentazione, i partecipanti arrivavano a restituire correttamente soltanto il 20% delle lettere. 

Questo portò a teorizzare che le persone avessero un filtro precoce che selezionasse le informazioni rilevanti provenienti da un orecchio, portandole ad essere nominate per prime, e inviasse quelle non rilevanti provenienti dall’altro orecchio in un magazzino a breve termine per poter essere ripescate in un secondo momento, se richieste.

Teoria del filtro di Broadbent

La teoria della Treisman

Effetto cocktail party

La teoria di Broadbent, però, non riusciva a spiegare il cosiddetto “effetto cocktail party”. Quest’ultimo è un particolare fenomeno che avviene quando ci troviamo in mezzo a molte persone. Non so se ci avete mai fatto caso, ma quando stiamo conversando con qualcuno riusciamo a focalizzarci su quello che ci sta dicendo (informazione rilevante) trascurando altri dialoghi circostanti che diventano rumore di fondo (informazione non rilevante). 

È possibile, però, che al suono del nostro nome ci giriamo improvvisamente, anche se proveniente da quello che abbiamo definito come rumore di fondo (ossia, faccia parte delle informazioni non rilevanti in quell’istante). Se applicassimo la teoria di Broadbent, questo fenomeno non sarebbe possibile poiché le informazioni non rilevanti, se non richieste e quindi non ripescate dal magazzino a breve termine, verrebbero perse.

La teoria del filtro attenuato

A questo limite ha tentato di far fronte la Treisman, sviluppando la cosiddetta “Teoria del filtro attenuato”(1960), la quale non è altro che una revisione della teoria di Broadbent. Secondo l’autrice, il sistema sensoriale registrerebbe e analizzerebbe tutte le caratteristiche degli stimoli esterni. Queste passerebbero, poi, attraverso il filtro attentivo che le invierebbe, a sua volta, al sistema percettivo distinguendo le informazioni rilevanti da quelle non rilevanti. 

In che modo? Dunque, le informazioni rilevanti verrebbero inviate con tutta la loro forza, mentre quelle non rilevanti verrebbero inviate in maniera attenuata, ovvero più debole. Una volta arrivate nel sistema percettivo, le informazioni rilevanti e non rilevanti (ed attenuate) verrebbero analizzate dall’ “unità di lessico mentale”, ossia un database con tutte le parole da noi conosciute aventi ciascuna una soglia di rilevazione diversa. Il nostro nome, ad esempio, è considerato un’informazione importante (chi lo nomina sta parlando di noi o ci sta chiamando) e quindi la sua soglia di rilevazione sarebbe piuttosto bassa. Sebbene, quindi, l’informazione “nome” arrivi con una forza attenuata, riuscirebbe comunque a superare la sua bassa soglia di rilevazione (ossia, verrebbe da noi percepito).

Teoria del filtro attenuato della Treisman

La selezione tardiva

Tra le teorie che propongono, invece, un’entrata in gioco tardiva del filtro attentivo, troviamo quella di Deutsch e Deutsch (1963). Se per le teorie sopraccitate il sistema attentivo faceva selezione delle informazioni prima che queste entrassero nel sistema percettivo, secondo questi autori invece il filtro opererebbe successivamente. 

In altre parole, secondo Deutsch e Deutsch, prima vi è un’elaborazione profonda di tutte le informazioni provenienti dal sistema sensoriale e poi entra in azione il filtro attentivo che lascia passare quelle rilevanti, di cui veniamo resi consapevoli, bloccando invece quelle non rilevanti, che non raggiungono quindi la consapevolezza.

Teoria della selezione tardiva di Deutsch & Deutsch

Conclusione

In questo articolo abbiamo introdotto l’attenzione, definendola una funzione cognitiva che funge da filtro e aiuta il sistema percettivo a non andare in sovraccarico. 

Inoltre, abbiamo visto che è formata da varie componenti (attenzione selettiva, divisa, alternata ecc.) che utilizzano percorsi nervosi differenti. Le ricerche in merito si attestano su due fronti: alcuni studiosi ritengono che il filtro attentivo agisca precocemente (prima che le informazioni entrino nel sistema percettivo), altri sostengono, invece, che il filtro attentivo agisca tardivamente (in seguito all’elaborazione profonda da parte del sistema percettivo). 

Nel prossimo articolo approfondiremo ulteriormente questo argomento, quindi stay tuned!   


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Categorie: Attenzione

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