Abbiamo già incontrato il termine “motivazione” quando abbiamo illustrato i circuiti prefrontali, in particolare quello del giro cingolato anteriore. Ma al di là di questo, quante volte ci è capitato di dire o sentire “sono stanco del mio lavoro, ho perso la motivazione” oppure “quel ragazzo odia la scuola perché è un ambiente poco motivante”. In entrambi i casi si parla di motivazione, ma cos’è esattamente questo costrutto?

Forse ci è utile partire dall’etimologia. Motivazione deriva dal latino mōtŭs (“movimento” inteso come una spinta verso qualcosa o come un moto dato da un impeto interno) e ăgĕre (“fare” oppure “portare qualcuno o sé stessi a fare qualcosa”).


Definizione e significato di motivazione

L’etimologia ci ha già aiutato parecchio ad avvicinarci alla definizione di motivazione. Possiamo, infatti, delinearla come un processo in grado di avviare, orientare, guidare e mantenere delle azioni finalizzate al raggiungimento di uno scopo.

Riguarda proprio il perché dei comportamenti, dal perché mangiamo un panino al perché scegliamo una determinata università. Potrebbe esserci utile vederlo come un motore che ci attiva e ci tiene acceso quel fuoco necessario per raggiungere i nostri obiettivi.

Il processo motivazionale

La motivazione è considerata un processo poiché possiede diverse fasi: un inizio, una durata e una fine. Il tutto accompagnato da diverse intensità.

Come prima cosa è necessaria l’attivazione dell’organismo, che avviene per un motivo o bisogno, ossia una situazione di mancanza/carenza. Infatti, quest’ultima genera, inevitabilmente, una situazione di tensione (componente biologica/fisiologica), inducendo l’individuo a rappresentarsi un obiettivo e una serie di azioni (componente cognitiva) che servono ad alleviare tale stato di tensione. Il raggiungimento della nostra meta sarà, però, influenzato dal nostro contesto e dalla nostra cultura di riferimento (componente ambientale).

Processo della motivazione

Portiamo un esempio:

Se parlando di politica con un amico mi sento ignorante in materia (motivo/bisogno), mi potrebbe sorgere il desiderio di colmare questa lacuna (stato di tensione). Ecco che, allora, mi prefiggo l’obiettivo di approfondire l’argomento “politica” per poter affrontare in modo migliore le future discussioni. Le azioni che, secondo me, sono utili da intraprendere sono: leggere libri e giornali che trattano di politica, ascoltare maggiormente i telegiornali, ascoltare dibattiti politici in TV ecc. Inevitabilmente, le future idee politiche, che mi creerò, saranno però plasmate dall’ambiente esterno: dalle mie esperienze di vita, dal contesto in cui vivo, dalla cultura in cui sono immerso ecc.

Inoltre, c’è da sottolineare che lo stato di tensione (componente biologica) è strettamente intrecciato alle nostre emozioni.

Nell’esempio che abbiamo illustrato precedentemente, potrei essermi sentito frustrato durante la discussione, in quanto avrei voluto saper sostenere meglio il discorso con il mio amico. Ecco che la frustrazione, in questo caso, ha alimentato ulteriormente il mio desiderio di approfondire l’argomento “politica”, poiché non ho più intenzione di sentirmi ignorante davanti ad un dibattito.


L’antecedente della motivazione: il bisogno

Come abbiamo già visto, il termine bisogno è sinonimo di motivo, ossia una condizione fisiologica di carenza e di necessità.

Una famosa teoria sui bisogni è quella di Abraham Maslow, il quale individuò differenti livelli di complessità dei bisogni. Costui rappresentò, quindi, delle categorie seguendo uno schema gerarchico a piramide: alla base troviamo i bisogni primari e verso la cima troviamo invece i bisogni secondari. È importante sottolineare che, secondo Maslow, solo dopo aver soddisfatto i bisogni primari, è possibile sentire delle esigenze di livello superiore. 

Piramide dei bisogni di Maslow
La piramide dei bisogni di Maslow

Nella prima formulazione della teoria, le categorie principali di bisogni erano 5. Tra quelli primari troviamo i bisogni:

  • fisiologici: ad esempio mangiare, bere, dormire, sopravvivere ecc;
  • di sicurezza: ricerca di protezione, stabilità, appoggio, sostegno ecc;

Tra quelli secondari, invece, troviamo i bisogni di:

  • appartenenza: necessità di affetto familiare, amore, socializzazione, amicizia, accettazione e identificazione in un gruppo;
  • stima: esigenza di rispetto, riconoscimento, prestigio, considerazione degli altri e di sé stessi (autostima e autoefficacia);
  • autorealizzazione: desiderio di “diventare qualcuno”, realizzare la propria identità, esprimere noi stessi al massimo delle nostre possibilità, raggiungere un’integrità morale ecc.

La motivazione e i suoi vari livelli

Abbiamo detto che la motivazione è una reazione dell’individuo nei confronti di un bisogno, che gli provoca uno stato di tensione. A questo punto, possiamo distinguere vari livelli in cui la motivazione può esplicitarsi.

I riflessi

I riflessi sono delle risposte semplici, passive, automatiche, involontarie e innate che hanno diverse funzioni, anche se generalmente hanno lo scopo di mantenere l’omeostasi (stato di equilibrio dell’organismo).

Ad esempio, possono svolgere una funzione di difesa nei confronti di stimoli nocivi (es. ritrarre la mano se questa viene a contatto con qualcosa che brucia) oppure una funzione regolatrice (es. produrre sudore per mantenere costante la nostra temperatura corporea in ambienti caldi). Possiamo dire, quindi, che mirano alla soddisfazione di bisogni principalmente fisiologici, ossia il livello più basso in cui la motivazione può esplicitarsi.

Per fare un esempio, nel riflesso di mantenimento della temperatura corporea, possiamo individuare un motivo (es. aumento della temperatura), uno stato di tensione (es. la necessità di abbassarla), un obiettivo (es. tornare ad una temperatura accettabile) e delle azioni per ridurre la tensione (es. sudorazione).

Riflesso di sudorazione come primo livello della motivazione
Riflesso di sudorazione

Gli istinti

Il primo a parlare di istinto fu William James (1890) che lo definì come “la facoltà di agire in modo tale da produrre certi fini, senza preveggenza dei fini, e senza una educazione precedente sulla prestazione” (Principles of psychology, 1890, vol.2, p.383). All’interno di questa definizione troviamo, quindi, due caratteristiche dell’istinto: l’essere un comportamento finalizzato ad alleviare uno stato di tensione e il fatto di non essere appreso dall’esperienza (innato).

A questo punto, però, ci riesce un po’ difficile capire la differenza tra istinto e riflesso, dal momento che sembrano essere la stessa cosa. Infatti, come abbiamo visto, anche i riflessi sono comportamenti innati e finalizzati ad uno scopo. In effetti, il confine tra riflessi e istinti è piuttosto sfumato. Però, possiamo dire che, sebbene ci sia una somiglianza dal punto di vista strutturale, gli istinti non sono comportamenti così semplici come i riflessi. Una differenza starebbe quindi nella maggiore complessità degli istinti rispetto ai riflessi. Gli istinti, infatti, possiamo vederli come un’organizzazione di riflessi che si attiva e manifesta di fronte ad uno specifico pattern di stimoli scatenanti.

Inoltre, gli istinti sarebbero specie-specifici. Ciò significa che ogni specie possiede un repertorio caratteristico di comportamenti istintivi in base alla sua struttura genetica.

Esistono diversi istinti: istinto di sopravvivenza, istinto materno, istinto sociale ecc. Un esempio, nel mondo animale, è l’istinto di accoppiamento, ossia un comportamento automatico e innato che è finalizzato alla procreazione. Questo istinto possiamo riscontrarlo in tutte le specie, però, in ognuna di esse viene attivato attraverso differenti stimolazioni. In altre parole, ci deve essere un insieme di fattori (visivi, olfattivi, uditivi ecc.) specifici per ognuna delle specie.

Portiamo alcuni esempi:

  • Le femmine di pavone scelgono il partner in base alla sua attitudine e alle sue caratteristiche. Il maschio, quindi, per attirare la femmina apre la sua coda, sfoggiando la sua livrea e danzando all’interno di aree specifiche chiamate lek;
L'istinto come secondo livello della motivazione: un pavone maschio con la sua cangiante livrea
Un pavone maschio con la sua cangiante livrea
Foto di Quang Nguyen vinh da Pixabay
  • Le femmine degli uccelli giardinieri visitano le costruzioni innalzate dai maschi per scegliere il partner migliore. Il maschio, infatti, per attirare la femmina costruisce delle vere e proprie strutture architettoniche, dette bower (pergolato) e, di fronte alla prima femmina che si avvicina alle loro opere, iniziano una danza di corteggiamento;
L'istinto come secondo livello della motivazione: uccello giardiniere e le sue  strutture architettoniche
Uccello giardiniere (bower bird)
Joseph C Boone, CC BY-SA 4.0 https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0, via Wikimedia Commons
  • Le femmine dei bisonti scelgono il proprio maschio in base alla sua prestanza fisica, per cui i maschi fanno delle furiose lotte tra loro per mostrare la loro forza e conquistare un harem di femmine.
L'istinto come secondo livello della motivazione: lotta tra bisonti
Lotta tra bisonti
Yunner, CC BY-SA 3.0 https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0, via Wikimedia Commons

Insomma, colori sgargianti, versi particolari, feromoni, caratteristiche fisiche, abilità peculiari ecc. sono tutti elementi che concorrono ad innescare l’istinto di accoppiamento. Ogni specie, però, è attirata da specifiche combinazioni di questi fattori. Ciò significa che la femmina di pavone non sarà mai attirata da uno struzzo perché non possiede i requisiti necessari per scatenare il suo istinto di accoppiamento.

Le pulsioni

Pulsione è un altro termine per indicare la condizione di tensione generata da un bisogno, proprio come lo sono gli istinti e i riflessi.

Il concetto di pulsione, però, è ben diverso da quello istinto. Il primo a fare una netta distinzione tra questi due termini fu Sigmund Freud nella sua teoria psicoanalitica. Infatti, Freud parla di “Trieb” differenziandolo dall'”Instinkt“.

Istinkt vs. Trieb

L’istinto, come abbiamo già visto, è uno schema di comportamento ereditato, determinato filogeneticamente e peculiare in ogni specie animale. Si tratterebbe, quindi, di un comportamento biologico essenziale per la vita e legato alla natura. Il termine “Trieb” (tradotto in italiano con “pulsione”), invece, non sarebbe un comportamento essenziale ai fini della vita ma mira comunque ad alleviare uno stato di tensione interna. Questa tensione nascerebbe proprio a livello somatico come una sorta di stimolazione interna (come l’istinto) ma si tradurrebbe poi a livello psichico come una pulsione, ossia una spinta energetica di natura psicologica verso una meta. Sarebbe, in ogni caso, qualcosa che riguarderebbe l’uomo, più che gli altri animali.

In altre parole, riflessi e istinti si tradurrebbero con uno schema diretto: stimolazione-azione-meta (es. mi pungo il dito – lo ritraggo; la femmina di pavone vede il maschio dalle caratteristiche migliori – si accoppia). La pulsione, invece, avrebbe un intermediario psichico: stimolazione-spinta psichica-azione-meta. Freud, nei suoi scritti, si concentrò molto su quelle che considerava le due pulsioni primordiali: Eros (pulsione di vita – mira alla conservazione dell’individuo, alla ricerca del piacere e della serenità) e Thanatos (pulsione di morte – mira all’autodistruzione e alla messa in atto di comportamenti dannosi per l’individuo stesso).

Le pulsioni come terzo livello della motivazione: Eros e Thanatos
Eros e Thanatos

Senza dilungarsi troppo sul pensiero di Freud, possiamo riassumere la faccenda dicendo che le pulsioni scaturirebbero dall’Es (la parte più primitiva e inconscia della nostra personalità) ma poi ci sarebbero altre due importanti istanze: il Super-Io (l’insieme delle regole etiche e morali interiorizzate e date dall’influsso dei genitori e della società) e l’Io (elemento di controllo che tiene a bada le pulsioni in base alle leggi del Super-Io). Secondo Freud, quindi, queste ultime sarebbero due istanze che terrebbero sotto controllo i nostri impulsi inconsci.

Le tre istanze della mente
Le tre istanze della mente

Conclusioni

In questo articolo abbiamo parlato di motivazione, apprendendo che si tratta di un processo in grado di avviare, orientare, guidare e mantenere delle azioni finalizzate al raggiungimento di uno scopo. In pratica, definisce il perché dei comportamenti di un individuo.

I suoi antecedenti sono i bisogni: una condizione fisiologica di carenza o di necessità. Questa condizione genererebbe uno stato di tensione in grado di spingere un individuo a compiere delle azioni volte ad un obiettivo. Questo stesso stato di tensione può esplicitarsi in diversi livelli: riflessi, istinti o pulsioni.


Un piccolo ripasso divertente!

Categorie: motivazione

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